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Lobbying, fra trasparenza e privacy: la situazione nell’UE e in Italia

Varie volte abbiamo visto sullo schermo, ad es nella serie tv House of Cards, l’azione di gruppi di persone o di imprese, cercando di orientare se non influenzare le scelte del potere legislativo e di quello esecutivo (sarebbe inaccettabile che cercasse di farlo anche con il potere giudiziario) per tutelare esigenze specifiche o interessi di settore, facendo leva, a seconda dei casi, sulle situazioni della società civile, sulle risorse specialistiche e/o economiche di cui si dispone.

Si tratta del fenomeno più noto come lobbying che non va demonizzato in quanto consente un dibattito più articolato e una dimensione partecipata più ampia alle decisioni della sfera pubblica, purchè non si superi la linea di confine della legalità.

Per evitare equivoci sulla questione, basti anticipare che nell’apposito Registro UE, più avanti illustrato, sono previste tre categorie: “Promuove i propri interessi o gli interessi collettivi dei propri membri”, “ Difende gli interessi dei propri clienti”, “Non rappresenta interessi commerciali”. Sono anche presenti organizzazioni che operano nel settore della privacy, non solo UE (ad es. è iscritta l’International Association of Privacy Professionals - (IAPP) ed anche italiane.

Atteso l’impatto l’attività delle lobby può avere sul pubblico interesse, è quindi necessaria la trasparenza sulle modalità con cui viene esercitata l’interazione con le autorità pubbliche. Tale azione ovviamente può in parallelo esplicarsi con campagne propagandistiche, attraverso i media, organizzazione di congressi scientifici: occorrerebbe in tal casi che sia chiara la finalità. Esistono anche forme di patologia, pure possibili ma da sanzionare anche penalmente in quanto illegali quali la corruzione e il traffico di influenze illecite.

Negli Stati Uniti, forse il Paese in cui il lobbying è più consolidato, la principale regolamentazione è costituita dal Federal Regulation of Lobbying Act del 1946 che ha avuto varie riforme l’ultima delle quali nel 2007 (l'Honest Leadership and Open Government Act ),. Il sistema USA prevede un registro obbligatorio per i lobbisti, ne regolamenta l’attività di lobbying e prevede obblighi di trasparenza e sanzioni per le relative violazioni.

La situazione in Europa - Nell’UE, dopo iniziative autonome, nel 2011 con un Accordo InterIstituzionale (AII) la Commissione e il Parlamento attivano il Registro per la trasparenza, che regolamenta la registrazione e il controllo delle organizzazioni e delle persone che operano per la rappresentanza di interessi, definendo anche un Codice di condotta da rispettare nell’attività di lobbying. In assenza di registrazione alcune attività di lobbying nei confronti delle tre Istituzioni non sono ammesse (cd. principio di condizionalità). Solo nel 2021 viene definito un nuovo Accordo con la partecipazione anche del Consiglio, di cui è previsto un riesame nel 2025.

Attesa la natura di Accordo, privo quindi di forza di legge, eventuali mancanze rispetto agli obblighi di registrazione e informazione sono limitate e, non possono essere sanzionate, sebbene in alcuni casi i lobbisti possano essere rimossi dal registro non risulta però possibile adottare sanzioni nei loro confronti.

Sulla robustezza dello strumento la Corte dei Conti europea ha condotto un audit, le cui risultanze sono state di recente rese note, sul registro UE, con un sottotitolo icastico “Informazioni utili ma limitate sull’attività di lobbying”. L’analisi ha interessato il periodo 2019-2022 e ha fatto emergere diverse debolezze a fronte delle quali sono state fornite raccomandazioni che potranno essere tenute in conto in occasione del citato riesame.

La Corte ha osservato come l’accordo del 2021 tiene conto dei principali elementi richiesti dai princìpi internazionali per un quadro di riferimento sulle attività di lobbying e che il registro per la trasparenza fornisce informazioni utili per consentire ai cittadini di seguire ciò che avviene in UE in materia di lobbying.

Peraltro, diversi aspetti afferenti alla tenuta e articolazione del registro riducono la trasparenza delle attività di lobbying svolte presso le tre istituzioni firmatarie.

Con riguardo al rispetto del “principio di condizionalità”, la Corte ha rilevato che le tre istituzioni avevano approcci diversi rispetto a tale principio e che quest’ultimo riguardava solo determinate attività e solo il personale di altissimo livello.

La Corte ha poi rilevato che il Segretariato del Registro per la trasparenza - struttura operativa comune istituita per gestirne il funzionamento – segue modalità di lavoro non formalizzate e con problemi di coordinamento e di qualità delle registrazioni.

Atteso che i soggetti registrati possono autodichiarare la categoria di appartenenza, da cui derivano gli oneri di informativa finanziaria da assolvere, sussiste il rischio che le persone registrate finanziate da terze parti non le comunichino secondo le previsioni.

Circa l’aspetto dell’informativa alla collettività, la Corte ha inoltre rilevato limiti notevoli nelle informazioni disponibili sul dal sito Internet pubblico: sono risultati mancanti alcuni dati importanti, come le riunioni individuali con i deputati al Parlamento europeo o i dati storici sulle entità registrate nuovamente. Inoltre, il sito web non fornisce dati aggregati sui lobbisti e sulle loro attività in modo interattivo.

Pur non ricadendo nel periodo esaminato, viene citato nel report il “Qatargate”, che ha messo in mostra alcune criticità in argomento, facendo pure cenno alle misure che il Parlamento europeo ha avviato per rendere più robuste le disposizioni sulla trasparenza .

In esito all’audit quindi la Corte ha raccomandato di:

- rafforzare il quadro di riferimento del registro per la trasparenza;
- pubblicare informazioni sugli incontri non programmati con i lobbisti;
- migliorare i controlli sulla qualità dei dati;
-  migliorare la facilità di utilizzo e la pertinenza del sito Internet pubblico del registro per la trasparenza.

Infine, come indicato nel Rapporto di audit, nell’UE otto Stati membri (Germania, Irlanda, Grecia, Francia, Lituania, Austria, Polonia e Slovenia) dispongono di sistemi di registrazione obbligatoria per i lobbisti, pertanto siamo ancora lontani da una situazione di diffusa trasparenza.

La situazione in Italia - Circa la situazione in Italia: un Dossier del Senato fa il punto della situazione al 2022 in Italia facendo emergere una situazione frammentata. Un registro della specie (“rappresentanti di interessi”) è stato impostato dalla Camera dei Deputati e prevede l’onere di una relazione annuale sull’attività svolta da pubblicare sull’apposito portale, la cui mancata produzione può condurre alla cancellazione). Anche taluni Ministeri lo hanno in essere mentre altri hanno disattivato quello che avevano. Anche alcune Regioni, come la Toscana per prima nel 2002, hanno introdotto normative regionali che richiedono la registrazione dei lobbisti e stabiliscono criteri per l’interazione tra rappresentanti di interessi e decisori pubblici regionali; peraltro non sempre sono consultabili dai cittadini i dati afferenti ai registri regionali.

Il fallimento ripetuto di approvare una legge nazionale sul lobbying dimostra le difficoltà del nostro Paese per disciplinare questo settore.

Per un necessario upgrade della situazione sarebbe necessario provvedere per:

1.una legge quadro nazionale o, in maniera più netta, una legge nazionale unitaria che centralizzi il registro per il lobbying, con obbligo di iscrizione per chi interagisce con istituzioni pubbliche, superando la frammentazione normativa e migliorando notevolemente la trasparenza sull’azione di centri di interesse nel propugnare le proprie esigenze;
2.un registro nazionale accessibile online in cui far confluire tutte le interazioni di lobbying su base nazionale e a livello territoriale e di altri enti, articolato a livello di Istituzione ma interrogabile per lobbista;
3.introdurre sanzioni proporzionate per chi non rispetta le regole di trasparenza, come multe e sospensioni dal registro (con conseguente sospensione della possibilità di interagire con gli esponenti pubblici.

Implicazioni privacy del Registro per la trasparenza - Il Registro per la trasparenza, i dati personali come nomi, dettagli di contatto e informazioni sulle organizzazioni rappresentate devono essere trattati in modo sicuro e conforme alle normative europee. Lobbisti censiti possono essere, oltre alle persone giuridiche o associazioni, anche le persone fisiche. Inoltre i contatti sono riferiti a persone che operano nelle Istituzioni. Pertanto rileva anche la questione della privacy.

Gli aspetti chiave includono:

1.sicurezza dei dati: Le istituzioni devono adottare misure tecniche e organizzative adeguate per prevenire fughe di dati o usi non autorizzati, proteggendo le informazioni personali.
2.diritti degli interessati: I lobbisti registrati devono avere il diritto di accedere, rettificare o cancellare i propri dati personali. Questi diritti devono essere chiaramente comunicati e rispettati durante l’intero processo.
3.supervisione costante: Gli organi di controllo come il Garante Europeo della Protezione dei dati (GEPD) e, a livello di singoli Paesi, quello nazionale devono supervisionare che le pratiche di raccolta e gestione dei dati siano conformi alle normative.
4.last but not least, chi gestisce il registro dovrà provvedere, in qualità di titolare, a tutti gli adempimenti previsti a seconda dei casi dal Regolamento UE 679/2016 (GDPR) o dall’analogo Regolamento UE 1725/2018 per le Istituzioni europee, inclusi gli oneri di informativa.

Una notazione più in generale sulla materia della privacy riguarda il grado di presenza, in UE come in Italia, di associazioni attive sulla tutela dei dati personali. Una riflessione potrebbe essere condotta dalle diverse Associazioni che seguono la materia, nel nostro Paese, circa una iscrizione nei Registri UE e nazionali (almeno quello della Camera) più articolata al fine di fornire un punto di vista autorevole, un contributo professionale sulla manutenzione del quadro normativo e applicativo nel tempo.

Conclusioni - Il lobbying è un elemento intrinseco del processo democratico moderno, poiché consente ai vari attori della società civile, dalle società private alle ONG, di esprimere le proprie istanze e influenzare le decisioni politiche. Tale attività ovviamente assume maggior peso (e quindi maggiore è l’esigenza di regolamentazione) quanto meno i corpi intermedi risultano in grado di rilevare e mediare le diverse esigenze emergenti dalla società nella sua complessità. Qualche numero per capire la portata del fenomeno: a metà settembre, il numero di soggetti censiti come lobbisti in UE è di 12.905; in Italia, (come detto in presenza di una situazione meno consolidata), sono censiti, presso la Camera di Deputati, è di 774 persone giuridiche e di 90 persone fisiche mentre presso il Ministero del made in Italy 108 soggetti.

La mancanza di una regolamentazione adeguata per la trasparenza può lasciare spazio a pratiche opache e a potenziali conflitti di interesse, minando la fiducia dei cittadini nelle istituzioni pubbliche.

Gli scandali come il “Qatargate” hanno dimostrato che le carenze nei presidi per proteggere l’integrità del processo decisionale europeo. Rendere la registrazione obbligatoria, migliorare la supervisione e introdurre sanzioni più severe non è solo una questione tecnica: è una priorità per preservare la legittimità delle istituzioni europee. In Italia, l’introduzione di una legge nazionale permetterebbe di superare l’incompleta e frammentata situazione attuale dando piena copertura al fenomeno.

Rafforzare il Registro per la trasparenza è uno dei vari tasselli per rafforzare la democrazia stessa. Le Istituzioni devono poter agire senza ombre, ogni potenziale influenza sulle decisioni dovrebbero essere tracciabili: la trasparenza non è un mero aspetto di compliance ma elemento essenziale per la fiducia pubblica.

Note sull'Autore

Pasquale Mancino Pasquale Mancino

Componente del Gruppo di Lavoro per la privacy nella Pubblica Amministrazione. Nota: Le opinioni espresse sono a titolo esclusivamente personale e non coinvolgono l’Ente di appartenenza dell’autore

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