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Le app possono mettere a rischio la riservatezza dei nostri dati personali. I consigli per tutelare la privacy

Le applicazioni per smartphone, Tablet, smart watch, ecc. (c.d. “app”) sono divenute parte integrante della nostra vita al punto che trovare, oggi, qualcuno che non abbia mai avuto a che fare con un “app” è sicuramente un’impresa ardua. Questa diffusione e massivo utilizzo delle app non è però scevro da rischi privacy. Infatti, come evidenziato dall’Autorità Garante i servizi che offrono (consultazioni home banking, monitoraggio delle condizioni di salute, controllo domotico delle nostre abitazioni, gestione video e fotografie, prenotazione viaggi, ecc,) possono mettere a rischio la riservatezza dei nostri dati personali.

Privacy e APP: binomio possibile?

Per queste ragioni nella gestione delle app è opportuno adottare alcuni semplici ma efficaci accorgimenti.

In primis, prima di effettuare il download dallo store è bene capire quali dati personali tratterà l’app prescelta e accedere all’informativa privacy del fornitore. Proprio quest’ultimo elemento è importante perché dalla chiarezza, trasparenza e completezza dell’informativa (articoli 12 e 13 Regolamento UE 2016/679) possiamo trarre il primo e più importante feedback sulla cura dedicata dal fornitore ai dati personali. Tra le sezioni dell’informativa interessanti vi è quella della comunicazione e diffusione dei dati personali.

Altro elemento fondamentale è verificare se l’app per funzionare ha la necessità di accedere alle nostre fotografie e ai dati di geolocalizzazione e tendenzialmente concederne l’accesso solo se l’app ha ad oggetto proprio servizi che richiedono queste tipologie di informazioni.

Si tenga presente che molte app social condividono i dati di ubicazione (geolocalizzazione) con terze parti.

Sulle app che gestiscono le fotografie si deve fare attenzione al fenomeno del deepfake (creazione di fotografie false partendo da immagini vere) utilizzando specifici algoritmi di intelligenza artificiale.

In tema di fotografie è sempre bene accertarsi che le persone fotografate siano d’accordo a diffondere online la propria immagine.

Un discorso particolare va fatto per le app che gestiscono dati particolari come i dati sulla salute. Anche in questo caso si deve fare attenzione alla eventuale comunicazione a terzi di dati personali particolari (es. battito cardiaco, risultati dell’ECG sulla fibrillazione atriale, ecc.). Inoltre, si segnala su questo tema l’avvio di una istruttoria a fine 2021 da parte del Garante nei confronti di una associazione che tratta, tramite un’app, dati sullo stato di salute di pazienti ed esercenti le professioni sanitarie (per approfondimenti si veda il doc. web. N. 9733320).

Circa un decennio fa (24.09.2013) si leggeva nella Dichiarazione di Varsavia sulla "appificazione" della società: “Le applicazioni per dispositivi mobili (app) sono ormai onnipresenti. Le troviamo negli smartphone e nei tablet, sulle auto, in casa e fuori casa: sono sempre più numerosi gli oggetti che dispongono di interfacce-utente connesse ad Internet.

Ammontano ad oltre 6 milioni le app oggi disponibili nel settore pubblico e privato, ed è un numero che aumenta di oltre 30.000 unità al giorno. Le app facilitano e vivacizzano molte delle attività che svolgiamo giornalmente; allo stesso tempo, le app raccolgono anche una grande mole di informazioni personali. Tutto ciò permette un monitoraggio digitale permanente, mentre gli utenti spesso non ne hanno consapevolezza né ne conoscono i fini ultimi.” Oggi, è praticamente impossibile conoscere quante app esistano al mondo, considerato che solo lo store di Mountain View a febbraio 2021 contava 3.011.916 applicazioni (Fonte: Appbrain 07.02.2021).

Note Autore

Marco Soffientini Marco Soffientini

Avvocato esperto di protezione dei dati personali, Data Protection Officer di Federprivacy. Autore Ipsoa, docente Unitelma Sapienza, Privacy Officer certificato TÜV Italia, Fellow Istituto Italiano Privacy.  - Twitter: @msoffientini1

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