Sito fake riferito al nome di un imprenditore, il Garante della Privacy ordina la rimozione dei risultati di ricerca dal web
Il Garante Privacy ha ordinato a Google la rimozione dai risultati di ricerca di un Url collegato a un sito web falso, il cui indirizzo era formato dal nome e cognome di un imprenditore italiano e al cui interno erano riportate affermazioni lesive della reputazione personale e professionale.
Il sito era stato creato da soggetti anonimi utilizzando i dati personali dell’interessato reperiti in rete, tra cui una foto e un indirizzo email la cui denominazione lasciava presupporre l’appartenenza ad un’organizzazione criminale. Il sito conteneva anche link a documenti pubblici relativi a supposte vicende giudiziarie.
Nel reclamo inviato all’Autorità, l’interessato, un imprenditore con attività anche all’estero, chiedeva la deindicizzazione del sito associato al suo nome e cognome e specificava di non aver mai riportato condanne, né di essere mai stato coinvolto in procedimenti giudiziari, vertenze, indagini legate a contesti di criminalità o malavita organizzata come invece riportato nel sito.
L’imprenditore faceva inoltre presente di aver già ottenuto da Google, a seguito di una sentenza di un’autorità giudiziaria extraeuropea, la deindicizzazione dell’Url, che rimaneva tuttavia visibile in Europa.
Google, infatti, al quale l’interessato si era rivolto per ottenere una deindicizzazione globale, aveva dichiarato inammissibile il reclamo ritenendo che fosse basato sulla tutela della reputazione, dell’onore e dell’immagine e non sulla tutela dei dati personali, qualificabile quindi, forse, più come reato di diffamazione e non come violazione del diritto all’oblio.
Nel ritenere fondata la richiesta, il Garante Privacy ha accolto invece le ragioni del reclamante, che sosteneva l’uso improprio e a fini denigratori dei suoi dati personali all’interno del sito in questione, e ha precisato che il motore di ricerca non aveva considerato le plurime violazioni della disciplina privacy poste in essere dagli autori del sito, tra cui la mancanza di informativa e dei riferimenti dei titolari, che tutt’ora rendono impossibile esercitare i diritti di opposizione e di rettifica di cui all’art. 12 del Regolamento.
Il Garante ha ricordato infine che, nel valutare le richieste di deindicizzazione, occorre tenere conto, in particolare, oltre che del trascorrere del tempo, anche del criterio relativo all’esattezza del dato laddove si sottolinea l’esigenza di tenere in particolare conto di quelle informazioni che originino “un’impressione inesatta, inadeguata o fuorviante rispetto alla persona interessata”, come raccomandato dalle Linee Guida EDPB sul diritto all’oblio del 2014.
Fonte: Garante Privacy