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Nel contesto della pandemia del Covid-19, gli Stati europei dovrebbero rafforzare le misure di protezione relative al trattamento dei dati personali dei minori, in particolar modo i dati riguardanti la loro salute e quelli raccolti nel quadro dell’istruzione, al fine di ridurre al minimo i potenziali effetti negativi, tra cui l’identificazione pubblica di un minore come portatore di Covid-19, ha affermato il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa in una dichiarazione incentrata sulla protezione della privacy dei minori nell’ambiente digitale, adottata il 28 aprile 2021.

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ll Consiglio d’Europa ha chiesto regole rigide per evitare i grandi rischi per la privacy e la protezione dei dati posti dall’utilizzo crescente delle tecnologie di riconoscimento facciale. Il 28 gennaio 2021, nella Giornata europea per la protezione dei dati, il Comitato Consultivo della Convenzione 108, istituito presso il Consiglio d’Europa, ha adottato linee guida in materia. Le linee guida, che si fondano sui principi della Convenzione 108 modernizzata, forniscono una serie di misure di riferimento che governi, sviluppatori di sistemi di riconoscimento facciale, produttori, aziende e pubbliche amministrazioni dovrebbero adottare per garantire che l’impiego di queste tecnologie non pregiudichi la dignità della persona, i diritti umani e le libertà fondamentali.

Il 10 ottobre il Consiglio europeo ha adottato il Cyber Resilience Act (EU CRA), una nuova normativa per migliorare la sicurezza cibernetica dei prodotti connessi e dei servizi digitali nel mercato unico europeo. Il regolamento si applica a tutti i prodotti connessi, direttamente o indirettamente, a un altro dispositivo o a una rete.

C’è l’accordo politico sul Digital Service Act e sembrerebbe che l’accordo in questione preveda tra l’altro che i dati dei bambini non si potranno più utilizzare per fare profilazione.È una bellissima notizia. Peccato che il destino abbia voluto che sia rimbalzata sui giornali di mezzo mondo negli stessi giorni nei quali il Consiglio d’Europa ha reso noto in un rapporto che i bambini europei entrano per la prima volta nei siti pornografici – che sarebbero ovviamente riservati ai maggiorenni – in media a undici anni e che i gestori di questi siti, con poche eccezioni, si limitino a chiedere loro di confermare con un click di avere almeno diciotto anni.

Il presidente di Federprivacy al TG1 Rai

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