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La responsabilità del blogger per i commenti diffamatori postati da utenti della rete - e non rimossi nonostante la segnalazione - è di natura concorsuale. La Corte di Cassazione con la sentenza 12546/19 fissa i presupposti di imputabilità dei gestori di siti/diari on line (blog, appunto), nel solco della giurisprudenza italiana ed europea maturata sul punto negli ultimi anni.

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Concorso in diffamazione per il blogger che resosi conto di un commento offensivo non lo rimuova tempestivamente. Una simile condotta infatti vale come "condivisione" del contenuto diffamatorio e ne consente l'ulteriore diffusione. La Corte di cassazione, sentenza 45680/2022, ha così respinto il ricorso di un uomo condannato dalla Corte di appello di Messina a seguito dell'accusa, comparsa sul suo sito, di "vicinanza alla mafia" di una società e dei suoi esponenti, a cui il blogger aveva aggiunto anche una sua annotazione a essa "adesiva".

Ancora una Sentenza della Cassazione Penale sui reati cybernetici (nello specifico il sempre più diffuso reato di diffamazione attraverso il web) che merita un’integrale lettura poiché fornisce una panoramica ampia dell’impianto normativo e giurisprudenziale inerente i reati commessi dagli “internauti”.

Tutela della reputazione on line: risponde il blogger che non si attivi per rimuovere il contenuto diffamatorio, e ciò a prescindere dal fatto se il commento sia del titolare del sito o di terzi. E’ quanto ha affermato la V Sezione penale della Suprema Corte di Cassazione in una sentenza degli ultimi giorni di febbraio del 20201. La vicenda riguardava la penale responsabilità della titolare di un sito per il reato di diffamazione. La Corte, diversamente da quanto previsto in tema di omesso controllo da parte del direttore responsabile di una testata, ritiene che il titolare di un sito risponda a titolo concorsuale di un delitto commissivo, se ad esempio non provveda a cancellare immediatamente lo scritto presuntivamente diffamatorio.

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Il presidente di Federprivacy al TG1 Rai

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