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Whistleblowing, canali sicuri nelle aziende oltre i 50 dipendenti

Il 26 novembre 2019 è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale Europea la Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2019, n. 1937/0/201, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell'Unione, in tema quindi di whistleblowing. Di particolare importanza, si rivelano le disposizioni della Direttiva che contemplano:


– la creazione di canali sicuri di segnalazione. Si prevede infatti l'obbligo di creare canali di segnalazioni all'interno sia di organizzazioni pubbliche o private con oltre 50 dipendenti, sia di comuni con più di 10 mila abitanti (art. 8);

– un'ampia platea di soggetti tutelati dalla Direttiva a cui è data la possibilità di effettuare segnalazioni: (i) lavoratore ai sensi dell'articolo 45, paragrafo 1, TFUE, compresi i dipendenti pubblici; (ii) lavoratore autonomo ai sensi dell'articolo 49 TFUE; (iii) dipendenti pubblici, azionisti e membri dell'organo di amministrazione, direzione o vigilanza di un'impresa (compresi i membri senza incarichi esecutivi); (iv) volontari e tirocinanti retribuiti e non retribuiti; (v) qualsiasi persona che lavora sotto la supervisione e la direzione di appaltatori, subappaltatori e fornitori; (vi) persone segnalanti qualora segnalino o divulghino informazioni sulle violazioni acquisite nell'ambito di un rapporto di lavoro nel frattempo cessato; (vii) persone segnalanti il cui rapporto di lavoro non è ancora iniziato nei casi in cui le informazioni riguardanti una violazione sono state acquisite durante il processo di selezione o altre fasi delle trattative precontrattuali (art. 4);

– le misure di sostegno e di protezione 1) dei facilitatori, 2) dei terzi connessi con il whistleblower e che potrebbero rischiare ritorsioni in un contesto lavorativo (es: colleghi o parenti del whistleblower), 3) dei soggetti giuridici di cui il whistleblower sia proprietario, per cui lavori o a cui sia altrimenti connesso in un contesto lavorativo (art. 4). Si tratta di soggetti che potrebbero subire anche la cosiddetta "ritorsione indiretta" che si attua ad esempio con "l'annullamento della fornitura di servizi, l'inserimento in una lista nera o il boicottaggio";

– una gerarchia dei canali di segnalazione dando priorità e incoraggiando le segnalazioni attraverso i canali interni per poi ricorrere a quelli esterni, che le autorità pubbliche sono tenute a istituire (artt. 7 e 8);
– la previsione di un termine di riscontro non superiore a 3 mesi dalla segnalazione a far data dall'avviso di ricevimento della segnalazione, oppure, se non è stato inviato alcun avviso alla persona segnalante, tre mesi dalla scadenza del termine di sette giorni dall'effettuazione della segnalazione (art. 9);

– l'ambito di applicazione delle nuove regole poste dall'UE in materia di whistleblowing a tutela di informatori che rivelano le violazioni anche a) in settori come quello degli appalti pubblici, dei servizi, dei prodotti e dei mercati finanziari; b) nella prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo; c) nella sicurezza e conformità dei prodotti; d) nella sicurezza dei trasporti; e) nella tutela dell'ambiente; f) nella radioprotezione e sicurezza nucleare; g) nella sicurezza degli alimenti e dei mangimi e salute e benessere degli animali; h) nella tutela della salute pubblica;

– l'inversione dell'onere della prova a carico alla persona che avrebbe adottato la misura lesiva nei procedimenti giudiziari (art. 21);

– l'esonero da responsabilità per la divulgazione di informazioni per il whistleblower (art. 21).

Le finalità espressamente previste dalla Direttiva è quella di garantire una protezione efficace in favore:

– degli "informatori" e quindi delle categorie di persone che "pur non dipendendo dalle loro attività lavorative dal punto di vista economico, rischiano comunque di subire ritorsioni per aver segnalato violazioni. Tra le forme di ritorsione contro i volontari e i tirocinanti retribuiti o non retribuiti: non avvalersi più dei loro servizi, dare loro referenze di lavoro negative, danneggiarne in altro modo la reputazione o le prospettive di carriera";

– dei "facilitatori, dei colleghi di lavoro o dei parenti della persona segnalante che sono in una relazione di lavoro con il datore di lavoro della persona segnalante o il suo cliente o destinatario dei servizi";

– dei rappresentanti sindacali o dei rappresentanti dei lavori qualora (i) effettuino in prima persona una segnalazione in qualità di lavoratori; (ii) forniscano una consulenza e sostegno al whistleblower.

Gli Stati membri, Italia compresa, avranno due anni di tempo per recepire le nuove norme all'interno del diritto nazionale e adottare regole interne al fine di garantire l'attuazione degli standard minimi della Direttiva.

Si segnala, tuttavia, sul punto l'espressa previsione di una clausola di non regressione (art.25), la quale prevede che, se una legge nazionale stabilisce maggiori tutele rispetto a quelle della Direttiva, le prime non possono essere ridotte in fase di recepimento della Direttiva.

In altre parole, l'attuazione della Direttiva non potrà comportare per lo Stato membro la possibilità, in alcun caso, di una riduzione del livello di protezione già previsto.

Fonte: Il Sole 24 Ore del 9 dicembre 2019

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