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Cybersicurezza, urgente correre ai ripari per le imprese italiane

Le imprese italiane corrono ai ripari contro i rischi di cybersicurezza. E devono farlo in fretta, perché il pericolo è già qui, con attacchi all'ordine del giorno. Secondo il report di Deloitte “2023 Global Future of Cyber Survey”, il 98% delle imprese italiane intervistate ha sperimentato almeno una violazione informatica nell'ultimo anno, con danni di entità grave o estremamente grave in circa 2 casi su 3.

Il 29 novembre è in programma a Verona il Cyber & Privacy Forum per aiutare aziende e addetti ai lavori a fronteggiare i rischi sulla sicurezza informatica

Deloitte ha intervistato oltre mille responsabili aziendali (di cui 50 italiani) provenienti da organizzazioni con almeno mille dipendenti e 500 milioni di dollari (470 milioni di euro) di fatturato annuo. Di conseguenza, due terzi del campione italiano prevedono di aumentare i propri investimenti in cybersecurity, un trend più marcato rispetto alla dinamica a livello globale (55%): gli investimenti prediletti sono quelli in Cloud Computing (per circa il 50%), Intelligenza Artificiale (38%), IoT (38%) e Data Analytics (36%).

Le conseguenze delle violazioni informatiche non si limitano solamente alla perdita di fatturato o alla riduzione del valore di mercato dell'azienda, come sostenuto rispettivamente dal 40% e dal 36% dei dirigenti italiani, ma possono incidere sulle organizzazioni anche dal punto di vista normativo, comportando sanzioni per inadempienza rispetto alle procedure o per le violazioni dei regolamenti sulla cybersecurity, come riportato dal 52% degli intervistati. Grave anche il rischio reputazionale, in termini di ripercussioni negative sull'immagine dell'azienda, secondo il 44%, con il possibile crollo della fiducia da parte della clientela paventato dal 46%. Una medesima percentuale sottolinea il rischio tecnologico, ovvero la possibilità di minore fiducia nell'integrità tecnologica dell'azienda. Infine, un 42% segnala le conseguenze strategiche ed operative, come il rischio di minori budget a supporto delle iniziative strategiche o le possibili interruzioni delle operation.

Un'adeguata strategia di cybersecurity supporta le aziende nel generare valore, non solo in termini di crescita dei ricavi, come indicato dal 78% dei rispondenti, ma anche e soprattutto di “brand reputation” (92%), fiducia dei clienti (92%) e modello di business resiliente (82%) e agile (80%). Sfruttare appieno tale potenziale, rendendo la cybersecurity un fattore abilitante per il raggiungimento degli obiettivi aziendali, è possibile solo se questa viene integrata nella più ampia strategia di business.

Secondo il 62% dei dirigenti italiani coinvolti nell'indagine, l'integrazione della cybersecurity all'interno delle strategie aziendali migliora l'efficienza nella gestione delle priorità di business sotto il profilo del risk management (94%), dal punto di vista della creazione di digital trust (92%), ma anche ai fini della trasformazione digitale (88%), poiché permette alle aziende di intraprendere percorsi di digitalizzazione con una maggiore sicurezza. Al di là dell'impatto sulle priorità di business, l'adozione di un approccio strategico e integrato alla cybersecurity, secondo gli intervistati, affina la capacità delle organizzazioni di anticipare l'identificazione dei rischi (54%), di prendere decisioni in modo rapido e agile (48%) e di adattarsi prontamente all'evoluzione del contesto competitivo (46%).

La cybersicurezza è quindi un argomento centrale che entra nei consigli d'amministrazione delle società. Sono 9 i dirigenti italiani su 10 che dichiarano come le questioni legate alla cybersecurity sono regolarmente all'ordine del giorno del loro Cda: con cadenza settimanale (36%), mensile (30%) o trimestrale (24%). I Cda delle aziende desiderano essere coinvolti sul tema, per potere definire efficacemente le strategie future.

Non a caso, 8 aziende su 10 stanno rivedendo la composizione del Cda per garantire all'interno la presenza di professionalità con competenza sul tema. Secondo il 62% dei dirigenti, l'integrazione della cybersecurity all'interno delle strategie aziendali migliora l'efficienza sotto il profilo del risk management (94%), di digital trust (92%), e ai fini della trasformazione digitale (88%).

«Per vincere la sfida della cybersecurity, è cruciale sviluppare una visione “cyber-first” che permei l'organizzazione e tutte le attività aziendali: dallo sviluppo della strategia alla pianificazione, dall'avvio di nuove iniziative di trasformazione digitale alla progettazione di nuovi prodotti e servizi, dal coinvolgimento di terze parti nel proprio ecosistema alla gestione dei talenti», spiega Matthew Holt, Cyber strategy and transformation leader di Deloitte. Ma l'adozione di questa prospettiva va al di là dell'implementazione tecnologica: si tratta di una trasformazione aziendale e culturale. L'adozione di un approccio cyber-first può anche “agevolare le organizzazioni nel percorso di conformità rispetto alle nuove normative, come nel caso del Regolamento Dora per il settore finanziario”.

La cybersecurity richiede un'attenta pianificazione strategica a cui le aziende italiane si stanno dimostrando particolarmente consapevoli. Secondo lo studio di Deloitte, infatti, 8 aziende italiane su 10 rivedono e aggiornano i propri piani di cybersecurity su base annua. A tal proposito, la quasi totalità delle aziende italiane (94%) ha già definito o sta definendo un piano integrato per la protezione da minacce cyber.

Le imprese italiane affermano di sviluppare e implementare piani operativi che valutano le modalità di protezione dai rischi cyber in ogni fase della gestione del trattamento di dati sensibili (96%) e dichiarano di includere in ogni valutazione, o di essere quasi pronte a farlo, la più ampia rete di stakeholder, monitorando ad esempio la sicurezza di partner e fornitori per i propri programmi di valutazione del rischio cyber (92%).

Il tema della formazione delle professionalità qualificate nel campo della cybersecurity è centrale per le aziende italiane.

La mancanza di talenti in questa area, indicata da 4 dirigenti italiani su 10, richiederà la collaborazione di attori pubblici e privati per la sua soluzione. Non a caso, la quasi totalità delle aziende italiane ritiene la formazione delle proprie risorse e dichiara di aver già implementato dei programmi di training per i dipendenti (92%). Affinché questi risultino efficaci, le organizzazioni devono però garantire che tale formazione sia erogata in modo continuativo, sia sempre aggiornata, sia coerente al rischio dell'azienda. Circa 2 aziende italiane su 3 indicano che i programmi di formazione sono sì utili per dotare le aziende delle giuste competenze, ma sono anche uno dei principali strumenti per coinvolgere, trattenere e sviluppare i talenti.

Si tratta quindi di un cambio di rotta: all'interno delle organizzazioni italiane si sta diffondendo una nuova cultura che considera la sicurezza e la protezione dei dati non più come un'opzione tra cui le aziende possono scegliere o un insieme di pratiche incentrate sulla tecnologia; piuttosto, la sicurezza informatica va oltre le sue tradizionali radici IT e viene considerata come un'area funzionale distinta ed essenziale per la realizzazione dei risultati dell'azienda. Pertanto, oggi non rappresenta più un pro o un contro del modo in cui l'organizzazione svolge il proprio business; la cybersecurity, diventa parte del business.

Fonte: Italia Oggi - di Matteo Rizzi

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