Brillo, il robot napoletano che chiacchera con i clienti e prepara i cocktail tra automazione del lavoro e privacy
Nel continuo progresso verso l’automazione di un sempre maggior numero di lavori (basti pensare agli esperimenti di Amazon con i propri magazzini o a quelli di Google con il taxi che si guida da solo), un’iniziativa che di recente ha fatto parlare di sé è quella di “BRILLO” (Bartending Robot for Interactive Long-Lasting Operations), il robot-barista nato da un progetto dell’Università Federico II di Napoli.
(Nella foto: l'Avv. Matteo Alessandro Pagani, Delegato Federprivacy nell'area metropolitana di Milano)
Lo scopo è quello di creare una piattaforma robotica in grado di gestire il bancone di un bar nei suoi molteplici aspetti: interazione, manipolazione e personalizzazione dei servizi offerti.
In sostanza, Brillo non è solamente un distributore di bevande intelligente, ma un vero e proprio barista, capace di preparare drink ma anche di conversare con i clienti e soprattutto riconoscerne i volti, ricordarsi degli avventori e dei loro gusti.
Questa breve descrizione delle capacità di Brillo fornisce parecchi spunti per discuterne delle potenziali criticità in ambito privacy, pensando a un futuro dove entrare in un bar e trovarsi davanti un barista-robot sarà qualcosa di normale e non un fatto meritevole di finire sulle pagine dei giornali.
Innanzitutto, non si può negare il fatto che tra i potenziali dati che Brillo potrà trattare ce ne saranno molti personali, sia comuni che particolari. Sarà quindi necessario fare in modo che gli avventori, anche quelli che passano solo per un rapido caffè, siano edotti sul fatto che sta avvenendo un trattamento dei loro dati personali. In tale ottica, in che formato verrà fornita l’informativa ex art. 13 del Gdpr? Certamente risulterà difficile, se non impossibile, far visionare e firmare per la presa visione una copia cartacea ad ogni singolo avventore del bar. Risulta quindi più plausibile e probabile l’opzione di appendere l’informativa così che sia visibile a ciascun cliente prima di entrare nel locale, ma anche l’ipotesi di impostare Brillo affinché, prima di iniziare a servire il cliente, gli ricordi che i suoi dati personali verranno trattati e dove potrà trovare l’informativa.
Brillo però non è solo dotato di mani, ma anche di occhi, e ciò apre ad una moltitudine di potenziali scenari e relative questioni che dovranno necessariamente essere oggetto di approfondita valutazione. Per esempio, si pensi che è molto probabile che quello che Brillo vede venga anche registrato. Il robot-barista fungerà quindi anche da impianto di videosorveglianza? E se oltre a Brillo nel bar ci fossero anche dei dipendenti umani, sarebbe necessario espletare anche gli adempimenti richiesti non solo dalla normativa sulla privacy ma anche dallo Statuto dei Lavoratori?
Inoltre, tale robot è in grado, secondo le affermazioni dei suoi creatori, di intrattenere conversazioni con i clienti e di ricordarsi di loro. Tali attività possono, soprattutto la seconda, rientrare nella definizione di profilazione, e, di conseguenza richiederebbe chiaramente la necessità di un consenso, così come descritto dall’art. 4 par. 1 n. 11, libero, specifico, informato e inequivocabile. Come verrà prestato tale consenso? Verrà forse registrata la voce dell’interessato mentre questi dà il proprio consenso alla creazione di un proprio profilo all’interno del database di Brillo? E il trattamento dei dati biometrici, in particolare del viso dell’interessato per poterne permettere il futuro riconoscimento, come si rapporta rispetto al recente caso Clearview? Oppure per accedere a queste funzioni avanzate verrà lanciata una app per cellulari, con relativa informativa privacy e consenso prestato, che magari permetterà anche di ordinare per un certo orario cappuccino e brioche in modo che poi Brillo riconosca chi li ha ordinati? E nel caso di eventuali allergie dell’interessato rispetto ai prodotti disponibili presso il bar, come verrà trattata tale tipologia di dati personali particolari?
E, sempre nell’ambito delle categorie particolari di dati come esemplificati all’art. 9 par. 1 del Gdpr, visto che le cosiddette “chiacchere da bar” nell’immaginario comune spesso comprendono anche le opinioni politiche degli avventori del bar, come si comporterà Brillo a riguardo?
Per altro, alla luce di tali considerazioni, non è da escludere che per i trattamenti effettuati da Brillo si ricada nelle condizioni descritte dall’art. 35 del Gdpr, e sarà pertanto necessario effettuare una valutazione d’Impatto.
In conclusione, per quanto si auguri che il progetto prosegua e risulti in nuove e magari inaspettate scoperte in ambito scientifico, non bisogna dimenticare di tutelare gli interessati anche alla luce delle molteplici zone d’ombra che emergono in queste prime fasi. Costoro, infatti, potrebbero non rendersi conto di quali risvolti possa effettivamente comportare l’inserimento di una componente tecnologica di tale portata all’interno di un luogo, il bar, che è sempre stato a basso contenuto tecnologico.
di Matteo Pagani con la collaborazione di Alessandro Burro