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Australia: utenti geolocalizzati sui loro smartphone anche con la cronologia delle posizioni disattivata. Maxi multa per Google

Nonostante circa 1,3 milioni di utenti avessero disattivato la cronologia delle posizioni sui loro smartphone ed altri dispositivi elettronici, Google li aveva ugualmente tracciati raccogliendo i dati di geolocalizzazione e inviando loro annunci pubblicitari mirati in base alla loro posizione e alle loro preferenze.

Google condannata per aver fornito agli utenti informazioni parziali e fuorvianti sulla loro geolocalizzazione

È accaduto in Australia, dove l’azienda di Mountain View è stata condannata per aver fornito agli utenti informazioni parziali e fuorvianti, affermando che l'unica impostazione con cui raccoglieva i dati sulla geolocalizzazione era la cronologia delle posizioni, quando invece esisteva un'altra impostazione attivata di default che permetteva a Google di ottenere comunque i dati sulla posizione di ciascun utente.

A seguito di un procedimento avviato contro Google dall'Australian Competition & Consumer Commission, (la Commissione australiana per la concorrenza e i consumatori), la Corte federale australiana ha adesso stabilito che Google dovrà pagare una multa di 42,7 milioni di dollari australiani (pari a circa 60 milioni di euro), per aver "rilasciato dichiarazioni ingannevoli ai consumatori sulla raccolta e l'uso dei loro dati sulla geolocalizzazione” sui telefoni Android nel periodo intercorrente tra gennaio 2017 e dicembre 2018, quando era stata aperta l’indagine.

Secondo l’autorità di regolamentazione, dal 2018 in avanti Google avrebbe poi modificato le modalità di raccolta dei dati adeguandosi alla normativa australiana e rendendo meno complicate le impostazioni della geolocalizzazione sullo smartphone.

Alphabet, la società che controlla Google, ha deciso di non fare ricorso, accettando di pagare la max sanzione.

Anche in Europa Google è al centro di un'indagine avviata nel 2020 che riguarda pratiche analoghe a quelle della vicenda australiana, e la Data Protection Commission irlandese (Dpc) sta valutando se il colosso statunitense violi effettivamente le norme sulla privacy previste dal Regolamento UE, caso in cui la sanzione potrebbe essere ancora più pesante, dato che il Gdpr prevede sanzioni fino al 4% del fatturato annuo globale dei trasgressori.

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