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Martedì, 29 Settembre 2020 19:05

Digital Marketing al tempo del Gdpr

Il tema delle attività di marketing svolte dalle aziende, costantemente alla ricerca di nuovi clienti, è ricorrente nei miei incontri con gli imprenditori o i responsabili del marketing aziendale. Il loro obiettivo è massimizzare i contatti con i potenziali clienti contattandoli massivamente con i metodi elettronici che sono i meno costosi (tendenzialmente e-mail, ma anche sms, whatsapp, …). Una lettura affrettata dell’ultimo capoverso del Considerando 47: “Può essere considerato legittimo interesse trattare dati personali per finalità di marketing diretto”, ha portato molti a considerare ammissibile qualsiasi comunicazione anche in assenza del consenso del destinatario.

Per essere lecita la pubblicità deve essere trasparente, veritiera, non ingannevole o suscettibile di forzare la scelta del consumatore. Ciò perché l’ordinamento tollera una pubblicità che sia persuasiva ma non anche manipolativa della volontà della persona che deve rimanere libera di effettuare le sue scelte.
Proprio l’effettività della scelta è il valore che può essere leso da scorrette forme di pubblicità personalizzata. Infatti, il ricorso a un’intensa profilazione espone l’interessato a un più ampio rischio di manipolazione.

Il legittimo interesse "non può surrogare - in via generale - il consenso dell'interessato quale base giuridica del marketing", salvo quando ricorrano i presupposti previsti dall'art. 130 comma 4 del D.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, ossia il caso di soft spam.

Una questione che spesso ricorre nelle imprese che operano - in specie - nel B2C è il tema della individuazione del perimetro e del significato di “analogo” nel contesto del Soft-Spam nelle attività di marketing.

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Soft spam, senza consenso, ma solo per le e-mail. La normativa Ue sul marketing elettronico, risalente al lontano 2002, ammette l'invio di proposte commerciali, senza consenso, a chi è già cliente, limitatamente a prodotti analoghi, ma solo se si usa la posta elettronica. Per tutti gli altri mezzi di comunicazione elettronica, ci vuole il consenso preventivo. La regola, introdotta oltre venti anni fa, continua ad essere vigente così come è stata varata.

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Per le chiamate con sistemi automatizzati ci vuole sempre il consenso preventivo dell'interessato. Anche se la revoca del consenso potrà essere fatta con l'iscrizione nel registro delle opposizioni, questo non fa venire meno l'obbligo di acquisire il consenso a monte da parte dell'interessato. In generale applicare il regime del registro delle opposizioni significa poter fare telefonate commerciali senza consenso, tranne che ai numeri iscritti nel registro. Ma per le chiamate automatizzate, l'estensione della disciplina del registro riguarda solo la revoca e non libera dalla necessità del consenso preventivo.

Il presidente di Federprivacy intervistato su Rai 4

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