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Anche le scuole devono controllare i metadati della posta elettronica del personale. Devono verificare per quanto tempo sono conservati i cosiddetti “log”, rispettando un limite di 21 giorni. Altrimenti, se sono tenuti per un tempo più lungo, devono fare l'accordo con i sindacati, perché la conservazione dei metadati diventa un controllo indiretto sui lavoratori.

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I produttori delle applicazioni che utilizzano Gmail possono leggere la posta di milioni di iscritti al servizio, ottenendo molte informazioni sui loro contatti e le loro abitudini. Diffusa da tempo, la pratica non è nota a molti utenti, come ha spiegato di recente il Wall Street Journal in un lungo articolo dedicato alle applicazioni per Gmail di terze parti, cioè realizzate da sviluppatori diversi da Google. Queste app hanno bisogno di un permesso esplicito da parte degli utenti prima di poter accedere alle loro email, ma in pochi sanno di dare ad altri l’accesso incondizionato alla loro corrispondenza online.

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I metadati delle email aziendali sono uno strumento di lavoro e non si può perciò imporre al datore di lavoro di scegliere tra cancellarli dopo 7 giorni oppure, se vuole tenerli per più tempo, di fare una trattativa sindacale o di farsi autorizzare dall'ispettorato del lavoro. È questa la posizione di Confindustria, Ania, Abi e Confcommercio, che hanno inviato al Garante della privacy una nota congiunta.

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I datori di lavoro pubblici e privati che per la gestione della posta elettronica utilizzano programmi forniti anche in modalità cloud da oggi hanno a disposizione nuove indicazioni utili a prevenire trattamenti di dati in contrasto con la disciplina sulla protezione dei dati e le norme che tutelano la libertà e la dignità dei lavoratori.

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Quante volte al giorno controllate la vostra casella di posta elettronica? un sondaggio di qualche tempo fa evidenziava che il 34% degli utenti controllava la propria email sicuramente più di dieci volte al giorno, ma un altro 54% dichiarava invece che lo faceva immediatamente al ricevimento di ogni singolo messaggio.

Non scattano sanzioni per l'omesso accordo sindacale sulla conservazione dei cosiddetti log se il datore di lavoro autodichiara la necessità di tenerli per un tempo prolungato, la cui durata può, sulla carta, essere fissata dallo stesso datore. È quanto deriva dalla nota del Garante del 6 giugno 2024, n. 364, come commentata dall'associazione Confindustria con la circolare del 22 luglio 2024.

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Commette un illecito la società che mantiene attivo l’account di posta aziendale di un dipendente dopo l’interruzione del rapporto di lavoro e accede alle mail contenute nella sua casella di posta elettronica. La protezione della vita privata si estende anche all’ambito lavorativo. Questi i principi ribaditi dal Garante per la privacy nel definire il reclamo di un dipendente che lamentava la violazione della disciplina sulla protezione dei dati da parte della società presso la quale aveva lavorato. L’ex dipendente contestava, in particolare, alla società la mancata disattivazione della email aziendale e l’accesso ai messaggi ricevuti sul suo account.

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Il legittimo interesse a trattare dati personali per difendere un proprio diritto in giudizio non annulla il diritto dei lavoratori alla protezione dei dati personali. Tanto più se riguarda una forma di corrispondenza, come i messaggi di posta elettronica, la cui segretezza è tutelata anche costituzionalmente.

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La Corte di Cassazione è tornata nuovamente a pronunciarsi sul tema dei controlli difensivi del datore di lavoro sulla posta elettronica aziendale. Con sentenza n. 18168 depositata il 26 giugno 2023 la Corte, nel confermare l’illegittimità del licenziamento di un dirigente bancario per sospetto di infedeltà, ha confermato il principio di diritto espresso nei suoi precedenti (Cassazione n. 25732 del 2021, Cassazione n. 34092 del 2021) sui limiti dei controlli del datore di lavoro nei confronti dei propri dipendenti.

Lunedì, 14 Maggio 2018 12:46

Inviolabile la mail aziendale dei giornalisti

Il giornale non può aprire l'account di posta elettronica aziendale dei giornalisti. Anche dopo il Jobs Act il datore è legittimato a raccogliere informazioni dagli strumenti che il dipendente usa per svolgere la prestazione soltanto se rispetta le norme del codice privacy e dello statuto dei lavoratori, come modificate dal decreto legislativo 151/15: diversamente compie un illecito trattamento di dati personali.

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Il furto d'identità con l'intelligenza artificiale

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