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L’impatto dell’Artificial Intelligence Act nel contesto lavorativo

L’approvazione definitiva da parte del Parlamento Europeo del Regolamento sull’intelligenza artificiale (“AI Act”) rappresenta un passaggio istituzionale decisivo verso la predisposizione di un quadro normativo uniforme per lo sviluppo, l’immissione sul mercato, la messa in servizio e l’utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale nell’ambito dell’Unione Europea.

L’AI Act adotta un approccio regolativo olistico che copre ogni settore e anche alcune previsioni dedicate al contesto lavorativo

L’AI Act adotta un approccio regolativo olistico che copre ogni settore e contesto in cui viene impiegata l'intelligenza artificiale e contiene alcune previsioni specificatamente dedicate al contesto lavorativo.

Le istituzioni europee dimostrano, quindi, consapevolezza in ordine ai rischi derivanti dalla diffusione dell'intelligenza artificiale in ambito lavorativo, sia in fase preassuntiva che nella gestione dei rapporti di lavoro. Già nella fase di ricerca e selezione del personale, si assiste a una crescente automazione dei processi attraverso il ricorso a sistemi di AI in grado di individuare i candidati ritenuti più adeguati a soddisfare i requisiti di competenza e le esigenze dell’organizzazione produttiva. A rapporto instaurato, poi, i lavoratori possono essere sottoposti a decisioni assunte o supportate dall'AI incidenti su aspetti cruciali della relazione lavorativa, quali l’assegnazione di turni e mansioni, la valutazione della prestazione, la progressione di carriera o, addirittura, la cessazione del rapporto.

Le sfide poste dal nuovo paradigma delle organizzazioni imprenditoriali algoritmiche sono evidenziate dal considerando n. 57 del Regolamento, il quale rileva come i sistemi di AI utilizzati nel settore dell'occupazione, nella gestione dei lavoratori e nell'accesso al lavoro autonomo possono avere un impatto significativo sul futuro di tali persone in termini di prospettive di carriera e sostentamento e di diritti dei lavoratori. Il considerando evidenzia anche i rischi di c.d. discriminazioni algoritmiche, sottolineando come, durante tutto il processo di assunzione, nonché ai fini della valutazione e della promozione delle persone o del proseguimento dei rapporti contrattuali legati al lavoro, tali sistemi possono perpetuare modelli storici di discriminazione, ad esempio nei confronti delle donne, di talune fasce di età, delle persone con disabilità o delle persone aventi determinate origini razziali o etniche o un determinato orientamento sessuale. I sistemi di AI utilizzati per monitorare le prestazioni e il comportamento di tali persone possono inoltre comprometterne i diritti fondamentali in materia di protezione dei dati e vita privata.

Data l’esistenza di pericoli significativi per i diritti fondamentali delle persone, l’AI Act, seguendo il c.d. risk-based approach, vieta l'immissione sul mercato, la messa in servizio per tale finalità specifica o l'uso di sistemi di AI per inferire le emozioni di una persona fisica nell'ambito del luogo di lavoro, tranne laddove l'uso del sistema sia destinato a essere messo in funzione o immesso sul mercato per motivi medici o di sicurezza (art. 5, par. 1, lett. f).

Sono, invece, classificati dall’allegato III del Regolamento come ad alto rischio: (i) i sistemi di AI destinati ad essere impiegati per l'assunzione o la selezione di persone fisiche, in particolare per pubblicare annunci di lavoro mirati, analizzare o filtrare le candidature e valutare i candidati; (ii) i sistemi di AI destinati a essere utilizzati per adottare decisioni riguardanti le condizioni dei rapporti di lavoro, la promozione o cessazione dei rapporti contrattuali di lavoro, per assegnare compiti sulla base del comportamento individuale o dei tratti e delle caratteristiche personali o per monitorare e valutare le prestazioni e il comportamento delle persone nell'ambito di tali rapporti di lavoro.

Tale classificazione determina l’applicazione del corpus normativo comune destinato alla regolamentazione dei sistemi ad alto rischio, oltre che di alcune disposizioni specificamente indirizzate all’impiego dell’intelligenza artificiale nel contesto lavorativo. In particolare, l’art. 26, par. 7, stabilisce che, prima di mettere in servizio o utilizzare un sistema di AI ad alto rischio sul luogo di lavoro, i deployers/utenti che sono datori di lavoro informano i rappresentanti dei lavoratori e i lavoratori interessati che saranno soggetti all'uso del sistema di AI ad alto rischio. Tali informazioni sono fornite, se del caso, conformemente alle norme e alle procedure stabilite dal diritto e dalle prassi dell'Unione e nazionali in materia di informazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti.

Tale obbligo informativo risulta formulato in maniera particolarmente generica, non venendo ulteriormente dettagliati modalità e contenuti essenziali dell’informativa. Inoltre, il Regolamento si limita a richiedere che i rappresentanti sindacali siano preventivamente informati, senza introdurre obblighi più pregnanti di consultazione e/o negoziazione prima dell’introduzione dell’AI nelle organizzazioni di lavoro.

Tuttavia, l'AI Act non pregiudica le previsioni più favorevoli contenute negli ordinamenti dei singoli Stati membri.

Infatti, come chiarito dal considerando n. 9, nel contesto dell'occupazione e della protezione dei lavoratori, il Regolamento non dovrebbe incidere sulla normativa dell'Unione in materia di politica sociale né sulla normativa nazionale in materia di lavoro, in conformità del diritto dell'Unione, per quanto riguarda le condizioni di impiego e le condizioni di lavoro, comprese la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro, e il rapporto tra datori di lavoro e lavoratori. Il Regolamento non dovrebbe inoltre pregiudicare l'esercizio dei diritti fondamentali riconosciuti dagli Stati membri e a livello di Unione, compresi il diritto o la libertà di sciopero o il diritto o la libertà di intraprendere altre azioni contemplate dalla disciplina delle relazioni industriali negli Stati membri nonché il diritto di negoziare, concludere ed eseguire accordi collettivi, o di intraprendere azioni collettive in conformità della normativa nazionale.

L’art. 2, par. 11, poi, sancisce che il Regolamento non osta a che l'Unione o gli Stati membri mantengano o introducano disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli ai lavoratori in termini di tutela dei loro diritti in relazione all'uso dei sistemi di AI da parte dei datori di lavoro, o incoraggino o consentano l'applicazione di contratti collettivi più favorevoli ai lavoratori.

In questo modo, l’AI Act preserva la possibilità di rafforzamento dei diritti individuali e collettivi all’interno dei singoli Stati membri, creando, al contempo, i presupposti per una diversificazione a livello nazionale di prerogative e tutele in relazione ai sistemi di intelligenza artificiale destinati al contesto dell’occupazione.

A cura di Andrea Sitzia, Enrico Barraco, Massimiliano Rosa (Barraco, Studio Legale Lavoro)

Note sull'Autore

Andrea Sitzia Andrea Sitzia

Professore associato di Diritto del lavoro dell'Università di Padova, dove insegna diritto comunitario del lavoro. Avvocato presso lo Studio Legale Barraco, Commissario d'esami TÜV Italia per la certificazione di Privacy Officer. Socio membro di Federprivacy. Email: [email protected]

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