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La gelosia tra ex può costare cara, soprattutto se viaggia sui social network. Lo sa bene una donna di 34 anni, condannata dal Tribunale di Palermo (giudice onorario Marchese) a pagare 6mila euro di risarcimento danni a un amico dell’ex fidanzato per aver creato un falso profilo Facebook a suo nome per tentare di recuperare la relazione sentimentale interrotta (sentenza 2076 del 16 maggio 2022).

I social network hanno rivitalizzato il reato di sostituzione di persona, nato per punire condotte ben lontane dal mondo del digitale. Il reato, previsto dall’articolo 494 del Codice penale, ha dato luogo nel passato a una curiosa giurisprudenza che configurava l’illecito in tutti i casi di matrimoni per procura in cui uno dei due coniugi mentiva sul proprio status sociale o addirittura sulla propria identità.

Sotto la lente del Tribunale di Trieste tutti gli elementi tipici del reato di sostituzione di persona attraverso l'uso di dati anagrafici e fotografie di altro soggetto. Con sentenza del 24 maggio 2021 n. 681, il Tribunale ha condannato un uomo alla pena di tre mesi di reclusione e al pagamento delle spese processuali, senza concessione delle attenuanti generiche, per aver commesso il reato di sostituzione di persona, previsto dall'articolo 494 del Cp. Nel caso di specie, l'imputato aveva utilizzato i dati e le immagini del figlio per creare un proprio account su un noto social network e tramite il falso profilo aveva indotto in errore una ragazza disabile, convincendola a intraprendere con lui una relazione virtuale, a inviargli fotografie e a compiere atti sessuali.

La Corte di Cassazione veniva chiamata a valutare la legittimità della sentenza emessa dalla Corte di Appello di Trieste del 22 novembre 2017, che aveva confermato la pronuncia di primo grado del Tribunale di Gorizia, 28 aprile 2016. Entrambi i tribunali avevano dichiarato l’imputato colpevole dei reati di sostituzione di persona, utilizzo indebito di dati personali e di tentata truffa in quanto questi aveva falsificato la patente di una terza persona, per finanziare l’acquisto di un computer con il nome di questi.

Il presidente di Federprivacy al TG1 Rai

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