Il Sole 24 Ore: come battere i cyberbulli e salvare la privacy su Internet in cinque mosse
Come evitare di vedersi violata la privacy in internet, rubata l'identità o clonata la carta di credito? E come arginare il fenomeno dei cyberbulli, che se non limitati rischiano di indurre anche gli adolescenti a gesti estremi? In un caso e nell'altro ci sono almeno cinque regolette base per limitare i rischi, anche se eliminarli del tutto è estremamente difficile, se non impossibile.
Cinque regole per tutelare privacy e dati personali - Primo: preferire l'uso di carte prepagate; secondo: scegliere siti notoriamente affidabili; terzo: diffidare di prezzi eccessivamente bassi; quarto: comprare prodotti originali e non contraffatti; quinto: leggere bene le condizioni di vendita e di recapito. E, in generale «va riscoperta un po' di sana diffidenza e ci si deve preparare a gestire situazioni indesiderate: il mondo al di là dello schermo non è un paradiso terrestre».
A elencare le regole e a invitare alla prudenza come condotta di fondo è Umberto Rapetto, generale della Guardia di finanza in congedo, già comandante del Gat Nucleo Speciale Frodi Telematiche, è stato il consigliere strategico di Franco Bernabè e poi Group Senior Vice President di Telecom Italia. Attualmente docente universitario, giornalista e scrittore. Rapetto è tra i relatori del 4° Privacy Day Forum in programma a Pisa, iniziativa organizzata da Federprivacy in collaborazione con il Cnr.
Che il tema sia attuale lo dice il recente rapporto presentato da Symantec (multinazionale Usa specializzata nella sicurezza informatica), secondo cui gli attacchi degli hacker nel corso del 2013 hanno messo a rischio dati, privacy e sicurezza di 552 milioni di cittadini. Nel 2013 si è assistito a un aumento del 62% del numero di violazioni dei dati rispetto all'anno precedente, che ha determinato la compromissione di oltre 552 milioni di identità, dimostrando che i crimini informatici restano una minaccia reale e molto pericolosa sia per gli utenti consumer che per le aziende.
Lo studio Internet Security Threat Report rivela come i criminali informatici abbiano iniziato a pianificare nei minimi dettagli i loro attacchi. E se i numeri non bastano a creare la necessaria ansia, c'è il sempre recente allarme circa la falla nel sistema di crittografia "OpenSSL", utilizzato da due terzi dei server per proteggere le transazioni commerciali, le comunicazioni riservate e altri contenuti.
Cinque mosse contro i cyberbulli - Se il furto di dati è il primo macro problema legato all'utilizzo della rete, il secondo, che si intreccia inevitabilmente con privacy e sicurezza è quello del cyberbullismo. Che può avere – come racconta la cronaca degli ultimi mesi – effetti anche drammatici in particolare per gli adolescenti. Anche qui, sperare di risolvere il fenomeno è illusorio, ma limitarlo è possibile. Cominciando da altri cinque semplici passi, che non sono banali anche se potrebbero sembrarlo. A elencarli è ancora Umberto Rapetto.
Primo: fare squadra i più deboli; secondo: isolare i prepotenti; terzo: non stare a guardare e intervenire; quarto: dare esempi di solidarietà; quinto: soprattutto, punire severamente chi sbaglia.
L'anonimato non esiste - Rapetto ricorda che «l'anonimato è illusorio e volendo si può arrivare all'identificazione puntuale di chi è responsabile di malefatte. Si tratta di addestrare le forze di polizia e di fornire all'autorità giudiziaria modelli investigativi efficaci e di rapida applicazione. La deterrenza è importante nei confronti di chi pensa di poter mettere alla gogna il prossimo». Le cose, però, in Italia, non sembrano procedere in questa direzione: «Un recente disegno di legge - dice il generale in congedo - prevede la "ammonizione" del bullo a cura del prefetto. Il cartellino giallo non è la soluzione e questo è un Paese in cui le regole dei campi di calcio non sembrano il riferimento ideale. La procedura di ammonimento comporta ugualmente una indagine e il rintraccio del giovinastro, ma sfocia in una ramanzina anziché in un procedimento penale».
Bulli non si nasce, si diventa
Per fare prevenzione serve un buon processo educativo, in cui famiglia e scuola non disertano il proprio ruolo essenziale. «I giovani - spiega Umberto Rapetto - devono essere guidati e in loro deve essere sviluppata quella sensibilità che ci si accorge non esserci nei tanti episodi di prevaricazione e di violenza anche solo verbale. Deve esser dato il buon esempio: un briciolo di solidarietà vale più di un quintale di prepotenza».
Fonte: Il Sole 24 Ore