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Discutere di etica digitale: contro la libertà di non dover scegliere

L’incessante sviluppo tecnologico degli ultimi anni e la proliferazione di numerosi servizi della futura società dell’informazione hanno riportato al centro del dibattito, fuori e dentro l’Europa, i diritti fondamentali della persona e della personalità come parte importante della dignità umana e del rispetto degli individui. Non a caso, dopo un intenso dibattito nelle aule del parlamento europeo e nel Consiglio dell’Unione, e a fronte del più intenso lobbismo mai visto negli uffici comunitari di Strasburgo e Bruxelles, ha visto la luce il Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR) che mira a conciliare sviluppo tecnologico, economia basata sui dati e moderna salvaguardia dei diritti delle persone.

Si è arrivati a un testo ambizioso dopo un dibattito di quattro anni e sulla base di circa quattromila emendamenti; un testo che funge da faro sul piano internazionale per i futuri accordi commerciali dell’Unione europea e per gli altri Paesi che stanno elaborando una normativa sulla protezione dei dati in aggiunta ai 127 che già si sono dotati di una legislazione in materia.

L’Europa, quindi, rappresenta in questo momento un modello su scala mondiale. In attuazione del trattato di Lisbona sono stati fatti grandi passi in avanti in vista di una legge unica in Europa che permetta di applicare regole molto più armonizzate, adeguate al nuovo contesto costituzionale europeo e orientate al futuro, salvaguardando anche il principio della neutralità tecnologica. Si attende ora il varo del cosiddetto regolamento figlio, la ePrivacy, che presenta tutte le carte in regola per vedere la luce nonostante il suo disagevole percorso.

Tuttavia l’approccio normativo sembra non essere sufficiente ad affrontare le sfide del futuro.

Agli albori della quarta rivoluzione industriale, caratterizzata dal big data e da un modello di business predominante nelle mani di pochi player che si fonda sull’economia dei dati, sull’Internet delle Cose, sulla robotica, sul machine learning, c’è bisogno di capire bene a quali valori si adatterà la società del futuro, anche in ragione della sempre più marcata simbiosi uomo-macchina. La semplice ottemperanza delle varie norme di settore in materia di tutela dei consumatori, antitrust, protezione dei dati, comunicazioni elettroniche e persino in materia elettorale non sembra sufficiente a fornire una risposta globale a una serie di temi che rischiano di rimanere irrisolti.

I veicoli a guida autonoma, ad esempio, rappresenteranno presto una parte importante del mercato automobilistico ed è possibile ipotizzare che nei prossimi 20 anni il settore abbia un’ampia crescita. Il funzionamento di tali veicoli sarà determinato da algoritmi analitici e predittivi dell’ambiente circostante, come ad esempio il comportamento da tenere nel caso di un attraversamento pedonale o in presenza di un semaforo. In caso di imprevisto, l’algoritmo dovrà infatti analizzare quanto più rapidamente possibile la soluzione migliore per evitare un incidente e ottenere il minimo dei danni possibili. La domanda che sorge oggi è: come verrà determinato il minore dei danni in queste situazioni? A quale bene verrà data priorità? Questo è un classico esempio che denota risvolti etici, in alcuni casi coinvolge anche vite umane, e che rappresenta una metafora illuminante sul fatto che l’intelligenza artificiale prenderà uno spazio sempre maggiore nella vita dell’uomo, il quale, oltre al ruolo prestato in fase di programmazione, potrebbe essere fuori dal processo decisionale.

Una nota pubblicità di qualche anno fa di un operatore telefonico italiano recitava “le nuove tecnologie ci stanno dando la libertà di non dover scegliere”, prospettando scenari orwelliani in cui l’utente viene ridotto a passivo consumatore di servizi preconfezionati. L’algoritmo non tiene conto di quella parte di imprevedibilità che distingue l’individuo nella sua unicità, ne annulla le sfumature e rischia di predeterminarlo secondo abitudini di consumo piuttosto che trarne un profilo complessivo e, pertanto, complesso. Così come il Mr Creosote di Monty Python davanti al menu, si è inseriti in una spirale bulimica in cui le nostre preferenze di consumo materiale e culturale possono essere, di fatto, riorientate.

La società dell’intelligenza artificiale, della robotica e del big data può avere enormi risvolti positivi sulla società, basti pensare ai grandi passi in avanti nel campo della biomeccanica e della medicina. Ovviamente, come tutte le nuove tecnologie, può portare anche grossi rischi sulla libertà e sui diritti dei cittadini, arrivando talvolta a intaccare la qualità dei processi democratici, come si è visto di recente nel caso Cambridge Analytica.

La mia istituzione, il Garante europeo della protezione dei dati, come parte importante della strategia quinquennale del corrente mandato, ha pubblicato un’opinione per stimolare un dibattito su scala internazionale per verificare quale approccio etico possa essere seguito in relazione al futuro sviluppo delle nuove tecnologie. Per questa ragione abbiamo costituito, due anni fa al nostro interno, un gruppo indipendente per l’etica digitale, per esplorare la relazione che intercorre tra diritti delle persone, tecnologia e modelli di business, con particolare attenzione - in ragione della nostra missione - alle implicazioni per la privacy e per la protezione dei dati nell’era digitale.

Il GDPR, in tal senso, ha introdotto nuovi obblighi e adempimenti che traggono ispirazione da principi etici, come ad esempio le nozioni di accountability, privacy by default e privacy by design, ma ha anche rafforzato obblighi già esistenti in materia di trasparenza e correttezza nella gestione di dati personali. Introducendo questi principi il legislatore ha certamente voluto responsabilizzare maggiormente i gestori dei dati, ai quali verrà richiesto non tanto di aderire in maniera passiva a norme sempre più prescrittive, ma di avere una loro policy che, sfruttando la flessibilità della nuova normativa, possa concedere loro di agire proattivamente per dimostrare la sostenibilità dei propri trattamenti di dati.

Al momento l’etica a cui pensiamo non può essere esclusivamente oggetto di una codificazione e richiede un forte cambiamento culturale della società.

Il 24-25 ottobre ospiteremo a Bruxelles la 40° conferenza mondiale dei regolatori proprio sul tema dell’etica digitale. Autorità indipendenti in diversi settori e da 81 Paesi si riuniranno nella sessione a porte chiuse per discutere di intelligenza artificiale, governance ed etica dei dati. Il dibattito proseguirà nella sessione a porte aperte, che si terrà nell’emiciclo del parlamento europeo, unitamente a circa mille partecipanti tra esperti in materia di tutela della privacy, tutela dei consumatori, trasparenza, comunicazioni elettroniche provenienti dal mondo dell’industria, dell’accademia e delle organizzazioni non governative. In seduta plenaria si rifletterà per individuare principi etici convergenti che possano corroborare quanto può ottenersi sulla base del quadro normativo.

Alla luce delle sfide dell’intelligenza artificiale una discussione per preparare la società del futuro è doverosa. La conferenza mira a individuare principi etici volti a orientare al meglio lo sviluppo delle nuove tecnologie al servizio dell’uomo, non per rallentarne la crescita, ma per discernere ciò che è tecnicamente fattibile da ciò che è moralmente sostenibile.

Per questa ragione abbiamo coinvolto nella nostra line-up di speaker personalità in grado di contribuire attivamente a questa iniziativa. Per citarne alcuni, l’inventore del World Wide Web, Sir Tim Berners Lee, il presidente del parlamento europeo, Antonio Tajani e altre autorità europee, CEO di grossi giganti del web e capi di governo saranno presenti di persona o contribuiranno a distanza.

Siamo i responsabili di quella che sarà la società del futuro e dell’eredità che lasceremo alle future generazioni. Per questa ragione invito la comunità internazionale a raggiungerci a Bruxelles e a partecipare in prima linea per dare voce e spazio alle proprie idee.

Note Autore

Giovanni Buttarelli Giovanni Buttarelli

European Data Protection Supervisor (Garante europeo per la protezione dei dati personali) - Twitter: @Buttarelli_G - Web: https://edps.europa.eu

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