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Visualizza articoli per tag: Corte UE

I politici devono vigilare sulle proprie pagine Facebook e sono responsabili se permettono la diffusione di commenti di terzi che incitano all'odio o alla violenza. È vero che, in particolare durante una campagna elettorale, va garantita la più ampia libertà di espressione, ma in questa libertà non rientrano i messaggi discriminatori nei confronti di un gruppo, che hanno l'obiettivo di incitare all'odio. È la Corte europea dei diritti dell'uomo a stabilirlo con la sentenza Sanchez contro Francia depositata il 2 settembre che fornisce ai giudici nazionali e agli Stati i criteri per sanzionare chi permette la diffusione di messaggi di odio, anche senza esserne l'autore.

La Corte di giustizia dell’Unione europea, con la sentenza sulla causa C-604/22, detta la bussola per inquadrare quali pratiche di vendita o di messa a disposizione - a fini pubblicitari - dei dati degli utenti costituiscano una violazione della privacy ai sensi del GDPR.

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Il diritto dell'Unione in materia di protezione dei dati osta alla normativa lettone che obbliga l'autorità per la sicurezza stradale a rendere accessibili al pubblico i dati relativi ai punti di penalità inflitti ai conducenti per infrazioni stradali. Lo precisa la Cgue con la sentenza 22 giugno 2021 nella causa C-439/19. Secondo i giudici europeri non è dimostrato che questo regime sia necessario per conseguire l'obiettivo perseguito, che consiste nel miglioramento della sicurezza stradale.

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Una lettera di scuse può bastare a risarcire il danno da violazione della privacy. È quanto deciso dalla Corte di Giustizia Ue, VIII sez., sentenza del 4/10/2024, nella causa C-507/23, su una vicenda capitata in Lettonia.

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TV9, il presidente di Federprivacy alla trasmissione 9X5

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