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Visualizza articoli per tag: Corte UE

Con sentenza del 26 settembre 2024, resa nella causa C 768/21, la Corte di Giustizia UE si è espressa sulla discrezionalità dell’Autorità Garante della protezione dei dati personali nell’adozione di misure correttive, come le sanzioni pecuniarie, in caso di violazione del GDPR.

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Non si deve esagerare con il risarcimento del danno privacy: l'indennizzo non ha funzione punitiva o dissuasiva, ma solo compensativa. L'importo riconosciuto al danneggiato, quindi, non può superare il valore del pregiudizio subito. È quanto deciso dalla Corte di giustizia dell'unione europea con la sentenza del 21/12/2023, nella causa C-667/21.

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Rivelare i propri dati sensibili in pubblico non significa autorizzare chiunque a usarli a piacimento, pertanto Facebook non può usare indiscriminatamente le informazioni degli orientamenti sessuali di un utente per mandargli pubblicità personalizzata senza il suo consenso. Queste le conclusioni dell'avvocato generale della Corte di Giustizia dell'UE nella decisione della Causa C-446/21.

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Il licenziamento intimato dal datore di lavoro basato sulle risultanze del sistema di geolocalizzazione dell'auto aziendale del dipendente è legittimo e la raccolta e il trattamento dei relativi dati non comportano una violazione dei diritti del lavoratore come sanciti dalla Convenzione dei Diritti dell'Uomo.

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La privacy non blocca il recupero dei crediti: si possono vendere all’asta i data base contenenti informazioni personali di clienti e utenti della società debitrice, senza il consenso di questi ultimi.

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La Corte Ue precisa - con la sentenza sulla causa C-470/21 - quali debbano essere i requisiti e le modalità di conservazione degli indirizzi Ip da parte dei fornitori di servizi Internet al fine di identificazioni che non debbono però violare in sé i diritti fondamentali degli utenti cui si riferiscono tali dati di accesso alla rete.

I politici devono vigilare sulle proprie pagine Facebook e sono responsabili se permettono la diffusione di commenti di terzi che incitano all'odio o alla violenza. È vero che, in particolare durante una campagna elettorale, va garantita la più ampia libertà di espressione, ma in questa libertà non rientrano i messaggi discriminatori nei confronti di un gruppo, che hanno l'obiettivo di incitare all'odio. È la Corte europea dei diritti dell'uomo a stabilirlo con la sentenza Sanchez contro Francia depositata il 2 settembre che fornisce ai giudici nazionali e agli Stati i criteri per sanzionare chi permette la diffusione di messaggi di odio, anche senza esserne l'autore.

La Corte di giustizia dell’Unione europea, con la sentenza sulla causa C-604/22, detta la bussola per inquadrare quali pratiche di vendita o di messa a disposizione - a fini pubblicitari - dei dati degli utenti costituiscano una violazione della privacy ai sensi del GDPR.

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Il diritto dell'Unione in materia di protezione dei dati osta alla normativa lettone che obbliga l'autorità per la sicurezza stradale a rendere accessibili al pubblico i dati relativi ai punti di penalità inflitti ai conducenti per infrazioni stradali. Lo precisa la Cgue con la sentenza 22 giugno 2021 nella causa C-439/19. Secondo i giudici europeri non è dimostrato che questo regime sia necessario per conseguire l'obiettivo perseguito, che consiste nel miglioramento della sicurezza stradale.

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Una lettera di scuse può bastare a risarcire il danno da violazione della privacy. È quanto deciso dalla Corte di Giustizia Ue, VIII sez., sentenza del 4/10/2024, nella causa C-507/23, su una vicenda capitata in Lettonia.

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Il presidente di Federprivacy intervistato su Rai 4

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