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Visualizza articoli per tag: Corte UE

Google non dovrà applicare il diritto all'oblio su scala globale: il motore di ricerca non sarà obbligato a rimuovere i link a contenuti che alcuni utenti non vorrebbero più far vedere in nome del diritto all'oblio, fuori dall'Unione europea. La decisione della Corte di giustizia dell'Unione europea farà sì che i contenuti che in Europa sono considerati "dimenticabili" potranno essere in ogni caso visibili nei risultati di ricerca di Google all'esterno dell'Unione.

Una decisione che autorizza intercettazioni telefoniche può non contenere una motivazione specifica. Lo afferma la Corte di giustizia dell'Ue, sentenza nella causa C-349/21, chiarendo che l'obbligo di motivazione non è violato qualora la decisione si fondi su una richiesta me circostanziata dell'autorità penale competente e i motivi dell'autorizzazione possano essere dedotti agevolmente e senza ambiguità da una lettura incrociata della richiesta e dell'autorizzazione.

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La Cgue ha affermato che l'eccezione detta per «copia privata» - ai sensi della direttiva sul diritto d'autore - si applica anche alla memorizzazione nel cloud di una copia a fini privati di un'opera protetta. La sentenza sulla causa C-433/20 ha poi chiarito che l'equo compenso (denominato appunto " copia privata") non deve gravare necessariamente sul fornitore del cloud dove avviene la memorizzazione.

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Protezione dei dati personali rafforzata nei procedimenti pregiudiziali dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea. Con le nuove «Raccomandazioni all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale» (pubblicate sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea C 257), che sostituiscono quelle del 2016, la Corte è intervenuta a rafforzare la cooperazione tra giudici interni e giudici Ue anche nel segno della tutela dei dati personali e di una maggiore digitalizzazione nel procedimento.

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La tutela della privacy potrebbe rendere più complicato anche mettere un «like» su Facebook. E, di conseguenza, impattare sulle strategie delle aziende che vendono sul web. Lo lascia prevedere la sentenza con cui ieri la Corte Ue ha deciso sulla causa C-40/17, stabilendo che il gestore di un sito internet in cui è possibile cliccare sull’icona «like» può essere ritenuto responsabile della raccolta e della trasmissione dei dati personali dei visitatori insieme con Facebook.

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La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha deciso recentemente su una domanda di pronuncia pregiudiziale riguardante l’interpretazione dell’ articolo 22, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR), fornendo importanti linee interpretative per individuare una “ decisione automatizzata ”.

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Sicurezza nazionale controllata. Le serie minacce all'ordine pubblico autorizzano raccolte generali o mirate di dati, compreso l'indirizzo IP degli apparati elettronici. Ma ci vogliono garanzie per i cittadini: tempi limitati e controllo giudiziario o di un'autorità amministrativa imparziale. A studiare il bilanciamento tra privacy e sicurezza è la Corte di giustizia dell'Unione europea, con la sentenza del 6/10/2020, resa nelle cause C-623/17, C-511/18, C-512/18 e C-520/18. La sentenza rappresenta un vademecum che risponde al quesito a quanta privacy il cittadino debba rinunciare per ottenere di vivere sicuro e protetto.

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Venerdì, 07 Giugno 2019 07:00

Diffamazione su Facebook, Corte Ue in panne

Facebook potrebbe essere costretta a individuare tutte le informazioni «identiche» a un commento diffamatorio di cui sia stata accertata l’illiceità, e anche «equivalenti» se provenienti dallo stesso utente, e a rimuoverle. Lo afferma l’avvocato generale Maciej Szpunar nelle conclusioni presentate alla causa C-18/18. Il condizionale è d’obbligo, dato che il diritto dell’Unione non disciplina la questione.

Secondo la Corte Ue l’inserimento obbligatorio nelle carte d’identità di due impronte digitali è compatibile con i diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati di carattere personale, se tale obbligo è giustificato dalle finalità della lotta contro la fabbricazione di carte d’identità false e l’usurpazione d’identità, nonché di garanzia dell’interoperabilità dei sistemi di verifica.

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Se si produce un danno per un trattamento illecito dei dati personali a causa di un’attività di collaborazione in ambito penale il risarcimento può essere domandato tanto a Europol che allo Stato membro coinvolto nell’indagine europea. La Corte Ue con la sentenza sulla causa C-755/21 ha affermato la responsabilità solidale tra l’istituzione europea di polizia e il Paese dell’Unione europea coinvolto nell’attività di indagine transfrontaliera.

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TV9, il presidente di Federprivacy alla trasmissione 9X5

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