Dall'Associazione Nazionale dei Consulenti del Lavoro un documento sulle buone prassi digitali per gli studi professionali
L’Associazione nazionale dei consulenti del lavoro (ANCL) che da settant’anni rappresenta, tutela e difende gli interessi dei propri iscritti ha intercettato da tempo la loro istanza di poter disporre di un supporto in materia di trattamento e gestione dei dati personali.
(Nella foto: Dario Montanaro, Presidente nazionale Ancl)
Il consulente, infatti, nel proprio operato quotidianamente intercetta, tratta e conserva una elevata quantità di documenti e dati personali dei propri clienti e avverte così la necessità di un coordinamento con le case di software a fronte dei principali cambiamenti e trasformazioni che progressivamente interessano la materia, sia a livello nazionale che sovranazionale.
A fronte di tali necessità l’Ancl quest’anno ha avviato un percorso di ampliamento del proprio Ufficio legale con l’assistenza di una società tra avvocati che si occupa di gestione dei rapporti con le case di software, di tutela dei dati personali e di compliance alla normativa in materia, nell’ottica di poter fornire e assicurare, sul tema, una prima assistenza legale gratuita per i propri iscritti.
Attraverso l’ausilio delle competenze derivanti da tale collaborazione è stato definito un gruppo di lavoro, che insieme ad alcuni componenti della Legant S.T.A.r.l., Società tra avvocati, e alcuni membri dell’Associazione, ha redatto il presente documento, che raccoglie un insieme di buone prassi, così da fornire una pronta ed efficace risposta alle numerose segnalazioni che sono pervenute in merito a questioni relative alla tutela dei dati personali e alle pratiche commerciali scorrette.
Ma di che cosa parliamo quando trattiamo di buone prassi?
Le buone prassi sono delle soluzioni organizzative e procedurali, coerenti con una specifica normativa settoriale, in questo caso la normativa in materia di privacy e tutela dei dati personali, sia europea che nazionale, adottate volontariamente e che mirano a conseguire un miglioramento e un maggior adeguamento alla normativa di settore.
Il documento che è, dunque, messo a disposizione degli iscritti Ancl, rappresenta una guida pratica e operativa che gli studi professionali potranno mettere in atto nell’ottica di avviare un riordino o un adeguamento della propria organizzazione agli standard normativi utili a garantire la tutela di diritti anche fondamentali.
Si tratta, dunque, di un documento nato da esigenze collettive e condivise e che, per tale motivo, è destinato ad essere costantemente aggiornato al fine di ricomprendere il maggior numero di sollecitazioni possibili. Rinnoviamo, dunque, come Ancl e gruppo di lavoro, che si è occupato di tale progetto, la massima disponibilità nell’operare una revisione continuativa di tale documentazione al fine di renderla il più aderente possibile alle nuove esigenze in corso.
Perché è necessario un documento di buone prassi in ambito digitale?
Le buone prassi in ambito digitale nascono dalle nuove necessità che sono emerse con l’avvento della tecnologia sempre più centrale anche all’interno dell’operato degli studi professionali.
La digitalizzazione, infatti, diventa una realtà oramai imprescindibile nell’attività quotidiana del consulente del lavoro, e viene impiegata nell’ottica dell’efficientamento e della semplificazione delle procedure e degli adempimenti a noi affidati; come abbiamo avuto modo più volte di vedere nelle analisi che sono state condotte dal gruppo di lavoro Ancl «Un nuovo modello di studio professionale» in collaborazione con l’Osservatorio innovazione digitale del Politecnico di Milano.
A fronte però dell’utilizzo di strumenti digitali, anche in continua evoluzione e implementazione, i risvolti negativi che questi nascondono risultano essere sempre più insidiosi anche per diritti e valori fondamentali della persona.
Il primo monito, dunque, che dobbiamo sempre avere presente è che la tecnologia non potrà mai sostituire le competenze di noi professionisti, che di fatto non sono replicabili da automi. I sistemi gestionali, infatti, sono un ausilio e lo saranno per sempre, diventa però necessario implementarne il loro utilizzo in modo consapevole mediante accorgimenti procedurali e procedimentali adottati in piena consapevolezza e garanzia dell’indipendenza del professionista.
Riprendendo l’impostazione condivisa dal legislatore europeo e da quello nazionale, non dobbiamo dimenticare che nell’esercizio della professione vanno rispettati i principi di liceità, trasparenza, buona fede, correttezza e personalità della prestazione. In tal senso, l’apporto degli ausili tecnologici deve essere sempre dichiarato e tale da garantire comunque la personalità della prestazione da parte del Consulente.
Da questa premessa, emerge l’idea che i gestionali utilizzati negli studi possano diventare strumenti forniti per efficientare e massimizzare gli adempimenti, prevalentemente burocratici, che vengono affidati al professionista riducendo al minimo il margine di errore.
L’utilizzo della prestazione tecnologica diviene un elemento dell’organizzazione dello studio che va correttamente collocato e valorizzato all’interno del modello di business adottato, affinché possa divenire parte integrante dell’organizzazione e gestione dello studio e non una componente ad esso esterna.
di Dario Montanaro, Presidente nazionale Ancl (Italia Oggi)