Salve, penso che non sia corretto!
Lei come chiunque altro potrà chiedere la copia di una sentenza, che ricordo, rappresenta un atto pubblico reso "nel nome del Popolo Italiano”.
Esiste apposita norma che regola la materie ovvero l'art. 743 Codice di procedura civile che recita:
“Qualunque depositario pubblico , autorizzato a spedire copia degli atti che detiene, deve rilasciarne copia autentica, ancorché l'istante o i suoi autori non siano stati parte nell'atto, sotto pena dei danni e delle spese, salve le disposizioni speciali della legge sulle tasse di registro e bollo”.
A tutela della riservatezza delle parti coinvolte nel processo vi è l’art. 52 del Codice della Privacy “sopravvissuto” all’introduzione del GDPR come espresso nel D.lgs 101/18.
L’articolo in parola prevede che l’interressato (ovvero una delle parti del processo) possa chiedere per motivi legittimi, prima che sia definito il relativo grado di giudizio, che sia apposta a cura della medesima cancelleria o segreteria, sull'originale della sentenza o del provvedimento, un'annotazione volta a precludere, in caso di riproduzione della sentenza, l'indicazione delle generalità e di altri dati identificativi del medesimo interessato riportati sulla sentenza o provvedimento.
Fermo restando quanto previsto dall'articolo 734-bis del codice penale relativamente alle persone offese da atti di violenza sessuale, chiunque diffonde sentenze o altri provvedimenti giurisdizionali dell'autorità giudiziaria di ogni ordine e grado è tenuto ad omettere in ogni caso, anche in mancanza dell'annotazione di cui al comma 2, le generalità, altri dati identificativi o altri dati anche relativi a terzi dai quali può desumersi anche indirettamente l'identità di minori, oppure delle parti nei procedimenti in materia di rapporti di famiglia e di stato delle persone.
Saluti